La saccenza
Qui vi racconto che cosa è per me il patriarcato, perché non sopporto la saccenza e cosa farò quest'anno per Natale
Sono qui nel “mio“ appartamento ad Al Ula, Arabia Saudita, e mi cucino una pasta dal sapore quasi italiano.
Ogni volta che mi accingo a scrivere questa newsletter mi chiedo: “Che cosa potrei raccontare di utile e positivo per le persone?“.
Ho sempre avuto in testa più domande che risposte ed ho sempre meno voglia di “salire in cattedra“ anche solo per dare suggerimenti e consigli. Credo che ormai sia sfuggita di mano la faccenda del “ti offro i miei suggerimenti gratis“ e del “pubblico tutorial su qualsiasi cosa“, e credo che la complicità dei social abbia contribuito parecchio: tuttɜ sappiamo tutto, tuttɜ diciamo “la nostra”, tuttɜ ne sappiamo più dellɜ altrɜ.
A volte mi sento soffocare da tutto ciò, non solo su web, ma anche nella vita offline: persone che ti fanno gli spiegoni su questioni che non hanno mai vissuto, che distribuiscono opinioni non richieste sulla vita altrui, giudizi sparati a caso su ogni persona ed azione…dov’è finita l’umiltà? Dov’è finito il silenzio e l’ascolto? Dov’è finita l’empatia e il cercare di comprendere le motivazioni altrui?
L’unica empatia che vedo perdurare nei secoli non è certo verso chi subisce, verso le vittime, ma tra maschi perdura eccome. L’empatia e la fratellanza, quella non la tocca nessuno.
Purtroppo di gatti qui intorno ne vedo pochi, forse perché anche qui le temperature sono scese. Chissà dove vanno gli animali randagi a rifugiarsi. Chissà come va avanti duramente il loro mondo mentre noi esseri umani pensiamo di aver capito tutto dalla vita.
In questo paese le mie riflessioni si concentrano sugli esseri umani, su uomini e donne, sui gruppi sociali. È vero che tutto il mondo è paese, specie per quanto riguarda il patriarcato: è ovunque, in forma più o meno esplicita.
In tutto il mondo le donne vengono cresciute secondo le regole maschili: sono i maschi che decidono il nostro ruolo, come ci dobbiamo vestire e comportare, quali lavori possiamo o non possiamo fare, quali luoghi possiamo frequentare, se possiamo guidare, se possiamo mostrare o no i capelli, se possiamo partecipare o no alla vita religiosa, alla vita politica, con chi dobbiamo fare figli e se dobbiamo farne o no.
Una delle immagini più rappresentative di tutto ciò credo sia l’Iceberg della violenza di genere:
Possiamo chiamare tutto ciò anche “cultura dello stupro“, cioè una atmosfera di intimidazioni e di paura che serve per mantenere il potere su uno dei due generi: quello femminile.
Al femminicidio non si arriva per caso, non si arriva per un raptus, ma ci si arriva crescendo (uomini e donne) in una cultura che fa di tutto per ribadire che la donna deve vivere secondo le regole del maschio, e che il maschio è libero invece di fare tutto quello che vuole.
Una volta capito questo, è molto chiaro come mai le donne che denunciano non vengono credute, come mai vengono ammazzate (quelle che vogliono essere libere), come mai c’è tanta resistenza ad usare il femminile per le professioni importanti, come mai le donne sono rivali tra di loro e invece i maschi fanno la fratellanza.
L’altro giorno stavo raccontando in videochiamata ad un mio amico come qui si vedano solo uomini in giro per le strade, le poche donne sono coperte da capo a piedi. I maschi fanno le feste tra di loro, chiacchierano tra di loro, il mondo è tutto per loro. Ed il mio amico ha commentato così: “Devo venire anch’io a vivere lì“.
Una battuta “innocente“ certo, ma che è esemplificativa di come un maschio non empatizzerà mai con le donne. Chi glielo fa fare di includere le donne come esseri umani alla pari di lui quando fa così comodo trattarle come degli animali domestici inferiori? Perché permettere alle donne di diventare Presidenti della Repubblica quando le possiamo relegare a farci da mangiare e lavarci le mutande chiuse in casa? Perché spartire anche con le donne la ricchezza del mondo quando possiamo pagarle il 16% in meno dei maschi?
Io ho molto chiaro che cosa sia giusto e che cosa sia sbagliato, e le persone è giusto che vengano trattate TUTTE alla pari. Non ci sono persone di serie A e persone di serie B, ma di fatto tutte le persone identificate nella società come donne, sono trattate da persone di serie B. E questo non è giusto.
Magari in alcuni paesi sulla carta hanno gli stessi diritti dei maschi (cosa che si sono conquistate con le LORO lotte, senza aiuti), ma socialmente e culturalmente le donne sono trattate da persone di serie B in tutti i luoghi e da millenni.
E la cosa “divertente“ è che siamo talmente infarcite di questa cultura anche noi donne che effettivamente ci sentiamo persone di serie B, passiamo la vita in terapia per capire che cosa non va in noi, passiamo la vita a cercare di adattarci a vivere in un mondo costruito con le regole per i maschi, passiamo la vita a farci la guerra tra di noi per emergere e avere il biscottino dal nostro padrone: il maschio.
Non è piacevole aprire gli occhi su tutto ciò, ma consente di darsi molte spiegazioni. È come se ogni pezzo del puzzle andasse al proprio posto, solo che l’immagine che appare è del tutto vomitevole e non tutte le persone riescono a reggerla, tanto da arrivare a negare che il patriarcato esista.
Elena Cecchettin, sorella di Giulia Cecchettin, la ragazza uccisa da Filippo Turetta che non accettava la sua libertà (come del resto succede in tutti i femminicidi), ha mostrato a tutta l’Italia il volto del patriarcato con le sue parole, e cosa fanno le persone? La accusano di non portare il lutto in modo consono (stando zitta nel dolore) e di volere la notorietà. Non ti sembra assurdo tutto ciò?
Ad Elena Cecchettin dobbiamo invece il più grande rispetto del mondo. È vittima anche lei, come la sorella, di una società complice della morte fisica di tantissime donne e della sofferenza di tantissime altre.
E siamo davanti all’ultimo femminicidio della serie: un’altra donna che aveva denunciato per stalking, senza alcuna conseguenza per il suo persecutore, che è diventato il suo assassino. Siamo ancora alla sottovalutazione della cultura patriarcale, le donne non vengono credute, nemmeno da morte, visto che i giornali si sono subito messi in moto per farla passare per una traditrice poco di buono.
Cosa si può fare di fronte a tutto ciò? Io credo che la prima cosa da cui partire sia noi stessɜ. Possiamo chiamarlo “esame di coscienza“, possiamo chiamarlo “consapevolezza“, o in qualsiasi altro modo, ma penso che il punto di partenza sia sempre osservare i propri pensieri, parole e azioni e capire dive ci collochiamo in mezzo a tutto ciò.
Stiamo alimentando la cultura patriarcale con i nostri pensieri, parole e azioni? Quando sbaglia una donna siamo tolleranti come quando sbaglia un uomo? Empatizziamo di più con un attore che si è rivelato uno stupratore seriale o con le vittime? Crediamo di più alla parola delle donne o a quella di un uomo? Le nostre azioni sono veramente guidate dalla nostra volontà o dallo sguardo maschile su di noi? Crediamo di essere “più intelligenti“ degli altri e che a noi certe cose non possano succedere?
Provo tanta ammirazione di fronte a quelle donne che alzano la testa e creano rivoluzioni. Ci vuole davvero tanto coraggio, perché si rema contro tutto e tuttɜ. Il biasimo sociale verso chi si ribella è un’altra arma di dissuasione molto potente che contribuisce a tenere bassa la testa delle donne.
Per sopravvivere e “non avere problemi“ noi donne siamo invitate continuamente a “non esagerare“, a “non provocare“. Non possiamo fare quello che vogliamo, dobbiamo “non andarcela a cercare“. Altrimenti oltre che subire violenze saremo biasimate dalla società tutta, da uomini e da donne.
Eppure ci sono persone che vogliono così tanto essere libere che muoiono per esserlo.
È quasi Natale, il primo Natale della mia vita che non passerò con la mia famiglia, in un anno diverso dagli altri, il primo in parte senza gatti. Sarà un Natale strano, utile per riflettere su come le feste “comandate“ siano ormai svuotate di significato e siano diventate una corsa al consumo e basta. Sarà un Natale che passerò con persone quasi estranee a me, poco affini a me, in cui cerco a tentoni una videochiamata o un messaggio dalle MIE persone, quelle che mi capiscono, quelle che ragionano come me, quelle con cui mi sento di condividere pensieri, ansie, gioie e risate.
Vedere il patriarcato fa diventare molto selettivɜ con le persone: non sono più disposta ad avere chissà che dialogo con chi non sa uscire da pensieri imposti che portano ad essere crudeli con altri esseri umani. Si capisce subito che ha fatto un buon lavoro dentro sé stessɜ: queste persone hanno più dubbi che certezze, non puntano il dito sulle altre persone e non pensano di essere migliori o più intelligenti degli altri.
Se c’è un proposito per l’anno nuovo è quello di circondarmi sempre di più di persone umane, e meno di persone saccenti, come già sto facendo.
Vi auguro Buon Natale care MiceGatte e MiciGatti, godetevi le vacanze se le fate, mangiate a più non posso, state con le persone care e coccolate tanto tanto i vostri mici!
Io ho dovuto dire addio anche a Milù purtroppo la settimana scorsa: speravo tanto di ritrovarla al mio ritorno dall’Arabia Saudita, ma non sarà così. Si è addormentata per sempre, tra le braccia di chi l’ha amata, ed è morta senza soffrire. Anche per questo questa Newsletter è un po’ mogia, forse non adatta allo spirito festoso del Natale, ma così è.
Un abbraccione grande a tuttɜ voi!
Come sono d'accordo con te Elisa. Io sono più fortunata di altre. Nel lavoro ho ottenuto la posizione che volevo grazie al fatto di essere donna, sono in telelavoro da 10 anni, ma solo perché in quel momento la responsabile era una donna. Ma tutti i giorni vedo intorno a me questo atteggiamento da parte degli uomini, a partire da mio marito di "saccenza" come dici tu.. E' buffo, perché per esempio mio marito aiuta molto in casa, si dà veramente da fare... ma alla fine ti rendi conto che per quel motivo lui si sente un eroe. Quello che per noi è routine se lo fanno loro è un atto di eroismo di eccezionale bravura, è questo che mi sconvolge. Senza pensare poi al fatto che le battute sessiste sono comunque accettate e naturali. Eppure io non posso fare altro che sentirmi fortunata, perché comunque una mano in casa ce l'ho.