Contraddizioni
Di gatti e divani, in un luogo che mai avrei pensato di visitare. E che mi dà davvero tantissimi spunti di riflessione, e di amarezza.
Ci ho messo un po’ ad elaborare questa newsletter ed a scriverla, e mi scuso con te, lettorɜ appassionatɜ, se hai dovuto attendere un po’ prima di avere mie notizie. Ora spiegherò anche i motivi per cui sono andata lunga con i tempi, spero capirai.
Sono in Arabia Saudita da un mese, per un lavoro di restauro, con un team italiano. Ci occupiamo dei dipinti murali nella parte antica della città di Al Ula, un paese che nemmeno sapevo esistesse fino ad un mese fa, nell’entroterra della penisola saudita, a Nord di Medina.
Ti immagini me, femminista e attivista per la libertà delle donne nel paese delle due città più importanti per l’Islam? Mecca e Medina? Ecco.
Non so nemmeno quanto io possa scrivere delle mie opinioni in questa newsletter, perché qui si va in carcere anche per un tweet.
Intanto posso parlarti di cani e gatti.
Qui il randagismo è davvero tanto, si vedono moltissimi cani, anche con cuccioli al seguito, che vagano per le strade, si riuniscono in branchi, dormono sui cumuli di sabbia tra un edificio e l’altro, rovistano nella spazzatura.
Stessa cosa per i gatti. La situazione mi ricorda un po’ quella che ho trovato a Capo Verde qualche anno fa, quando ero andata a fare volontariato per l’associazione SiMaBo, che si occupava di campagne di sterilizzazione.
I gatti che incontro sono comunque meravigliosi, ho notato una prevalenza di gatte tricolore, ma ce ne sono di tutti i tipi, pelo lungo e pelo corto, e di tutti i colori, ti lascio una carrellata di foto. La cosa positiva dell’immondizia che vedo in giro per le strade è che è fonte di cibo per questi poveri animali costretti all’accattonaggio.
Penso alle aziende mangimistiche che in Italia vendono crocchette di tutti i tipi, a noi occidentali che compriamo il cappottino per il gatto, e non so se ridere o piangere.
Purtroppo non ho molte possibilità di parlare con persone che vivono qui, quindi posso riportare quello che vedo: le contraddizioni. Vedo chi mette fuori casa ciotole d’acqua per questi animali randagi e chi tira loro le pietre. Vedo chi li ignora e chi li accarezza. Ho visto anche una donna, credo saudita visto che indossava abaya e niqab, con un cane al guinzaglio.
Esiste anche una associazione che si occupa di cani e gatti, di sterilizzazioni ed ha creato un gattile qui ad Al Ula: Had4pawsalula, che ho contattato e a cui spero presto di fare visita.
Spero che con il processo di “modernizzazione“ che è in atto ora in Arabia Saudita cresca anche l’attitudine alla cura degli animali, anche se ovviamente posso parlare solo per quello che vedo in questa zona, non so se nelle città più grandi come la capitale Riyad la vita degli animali sia diversa.
Vedere il veloce cambiamento che sta avvenendo in questo paese è impressionante, ed appunto la “modernizzazione in atto“ mi fa molto riflettere.
L’Arabia Saudita ha vinto anche la gara per l’Expo 2030, la Vision 2030 sta cambiando a ritmi incredibili questo paese, ovunque ci sono cantieri e squadre di persone da tutto il mondo che lavorano, ma quello che mi chiedo è: che cosa si sta imparando dall’Occidente? Che cosa si sta “importando“? Che cosa ne pensano le persone che vivono qui? E quale reale impatto avrà tutto ciò sulla libertà delle persone e soprattutto sulle donne?
Sulla carta i cambiamenti ci sono, ad esempio dal 2018 le donne saudite possono guidare un’auto (!!!), ma comunque qui tutte girano coperte da capo a piedi, si vedono solo i loro occhi. Le regole religiose per le quali le donne non devono mostrare le loro bellezze si mescolano a usanze tribali e patriarcali che di fatto determinano una visibile differenza di diritti tra maschi e femmine. Il Corano non impone il velo, ma un vestiario decoroso, sia per uomini che per donne. Ma questo qui si traduce a livello sociale e di usanze in un diverso trattamento tra uomini e donne.
Non parliamo di diritti di persone LGBTQUIA+…non parliamone.
Noi occidentali qui per lavoro non abbiamo alcun obbligo di indossare il velo, ma è raccomandato dalle autorità il fatto di coprire spalle e ginocchia.
La cosa bizzarra è che anche tra noi occidentali scatta una sorta di “controllo sull’altrə“, che mi crea parecchio disagio.
Io copro le spalle ed esco con i pantaloni lunghi perché mi sento obbligata dalle usanze del posto. Mi è capitato che al supermercato una signora, completamente velata, mi chieda di fare un selfie assieme. Qui non si vedono molte persone occidentali. Lɜ bambinɜ ci guardano meravigliate, forse non hanno mai visto una donna mostrare le braccia in pubblico. Le ragazze giovani, sempre coperte da testa a piedi, ci fanno video e foto di nascosto, divertite ed incuriosite.
Che cosa pensano di noi? Non lo so con certezza perché non si riesce molto a comunicare con le persone del posto. Secondo il mio punto di vista probabilmente ci giudicano bizzarre, forse ci giudicano male, forse non accettano questo avanzare delle “mode“ occidentali nel loro paese.
Il fatto però che ci sia un giudizio tra donne da parte delle mie colleghe occidentali è alquanto significativo di come le donne siano le “controllore“ delle altre donne in una società patriarcale. È interessante osservare i meccanismi che si creano e come ognuna di noi reagisca al fatto di sentirsi costantemente sotto giudizio altrui e come scarichi questo giudizio anche sulle altre.
Io non arriverò di certo ad indossare l’abaya, visto che mi è permesso vestire all’occidentale e in maniche corte. Ci sono donne qui che lottano e vengono incarcerate per avere la libertà di vestirsi come vogliono e se non sono obbligata di certo non rinuncerò alle libertà che ho.
Io mi copro per mia unica difesa, per evitare giudizi e sguardi malevoli, e gradirei la solidarietà delle altre donne, non la condanna.
Mi viene in mente quando sono entrata nel Duomo di Napoli e sono stata cacciata perché avevo le spalle scoperte, vi ricordate? Fino a quando accetteremo che il corpo sia giudicato cosa impura, specialmente il corpo femminile?
Fino a quando dovremo sentirci fuori luogo, inadeguate, inferiori? Fino a quando a verremo giudicate dalle altre donne per il nostro abbigliamento facendo così il gioco dei maschi che ci vogliono sottomesse?
La cosa che mi consola qui, e che mi dà gioia, è come sempre la natura, che è meravigliosa.
Il paesaggio è davvero bellissimo, mi sembra costantemente di essere in un film.
Mi fermo qui con le notizie dall’Arabia Saudita, anche perché davvero non so fino a che punto posso spingermi con le mie considerazioni. E sicuramente verrò sottoposta a biasimo altrui e a una marea di “stai attenta a parlare“ da persone che sicuramente lo dicono “per il mio bene“.
Vorrei essere coraggiosa come le donne che fanno attivismo qui, a costo della vita. Di fatto non sono così coraggiosa. Dico le cose a metà. Forse in futuro sarò più coraggiosa, ma non voglio nemmeno dare dispiaceri alle persone che mi vogliono bene a causa del mio comportamento.
Ma ho ben chiaro che cosa sia giusto e che che cosa no.
E intanto sto leggendo questo libro, per imparare di più sui femminismi musulmani: Gender Jihad: Storia, testi ed interpretazioni dei femminismi musulmani (Islamika Vol. 1)
L’unica cosa che mi dispiace dell’essere qui è di non aver potuto partecipare alle manifestazioni del 25 novembre, specialmente in questo momento in cui l’opinione pubblica è stata colpita in modo così forte dal femminicidio di Giulia Cecchettin (seguito già da molti altri femminicidi e violenze sulle donne che come al solito passano inosservati).
Forse è l’unico femminicidio nel quale la famiglia della vittima è ben preparata sull’argomento e sa come argomentare la cosa, e questo dà fastidio a molte persone, perché si sentono sbattere in faccia la verità: la nostra società è patriarcale ed i maschi in generale devono assumersi anche loro delle responsabilità.
Dall’Arabia Saudita per oggi è tutto, cercherò di aggiornarti il prima possibile!
Un abbraccio