Il lavoro delle donne
Qui ti parlerò di Barbie, di cat sitter e delle discussioni (pietose) che vedo su Facebook, per concludere con quanto è bella la famiglia queer.
Dall’anno scorso faccio anche la cat sitter, visto che amo tutti i gatti e così con l’occasione ne ospito anche a casa mia, perché senza gatti non ci so stare, ma al momento non mi sento ancora pronta ad avere di nuovo dei mici “miei“.
Quindi bazzico gli annunci di ricerca pet sitter (tra l’altro ho scoperto un utile portale per unire domanda e offerta che è Rover, se vuoi dare un’occhiata) ed ho notato, come capita spesso per questi “lavoretti“ che la maggioranza di persone che si offrono come cat sitter e dog sitter sono donne. Come anche l’offerta per servizi di pulizia domestica, badanti, aiuto in casa, aiuto per stirare, ecc. Non a caso nel gergo comune si dice: “Ho la donna delle pulizie“ (dire “l’uomo delle pulizie“ suona strano, vero?)
L’altro giorno, manco a dirlo, mi capita sotto gli occhi un articolo condiviso su Facebook dove si parla di una scuola superiore, dove a diplomarsi con il massimo dei voti sono 7 ragazze, e nessun maschio. Ovviamente il titolo comprendeva una citazione del fatto che i diplomi sono tutti “in rosa“: “Maturità a Monselice, sette cento tutti rosa all’istituto Kennedy “
Al che, dato che conosco le statistiche su questo argomento, ho commentato scrivendo questo:
“Forse sfugge il fatto che i migliori voti e la maggior quantità di lauree sono prese da donne. Poi però i ruoli di potere vanno ai maschi. Per cui non so se essere felice che questa notizia faccia notizia, o comunque schifarmi perché donne che ottengono risultati al top nello studio facciano ancora notizia. Oltretutto come sempre dipinte di "rosa", lo stereotipo d'eccellenza.“
Una delle fonti di questi miei dati è il Consorzio Universitario AlmaLaurea, che monitora la situazione delle Università italiane, secondo la quale:
Le donne costituiscono quasi il 60% dei laureati in Italia, e registrano performance migliori sia in termini di regolarità negli studi che di votazione finale (concludono gli studi in corso il 60,2% delle donne, rispetto al 55,7% degli uomini; il voto medio di laurea è in media, rispettivamente, pari a 103,9 contro 102,1/110). Eppure gli uomini sono più valorizzati sul mercato del lavoro, guadagnano il 20% in più e occupano professioni di più alto livello.
Ed ecco i commenti che ho ricevuto al mio commento, tutti scritti da maschi, al che mi sono sorte parecchie riflessioni:
Il primo appunto che mi viene fatto è “Quante ore lavori tu“, a cui ho evitato di rispondere, visto che io, come milioni di altre donne, lavoro tanto, lavoro anche 12 ore al giorno, non mollo quasi mai il PC, mi mantengo al 100%, pago le bollette e il mutuo della casa.
Negli altri commenti, l’insinuazione è, in soldoni, che le donne non abbiano voglia di lavorare, e che non è vero che i ruoli di potere siano quasi tutti ricoperti da maschi.
Una cosa che sfugge a questi commentatori è che il lavoro domestico e di cura (e gratuito) è affidato quasi totalmente alle donne: nel 2016 nell'Ue, il 78 % delle donne cucina e/o svolge attività domestiche quotidianamente, rispetto al 32 % degli uomini. In Italia la percentuale è di 81 % donne e il 20% dei maschi (fonte: Istat).
Ricordo anche che durante la pandemia il 98% di chi ha perso il lavoro è donna, perché se chi guadagna di più è il maschio e chi si occupa di solito dei figli e la casa, quale sarà la scelta automatica per seguire i figli in FAD?
Sono numeri che a me fanno spavento
Ma le donne che si occupano della casa e basta, rinunciando al lavoro retribuito, lo fanno perché non hanno voglia di lavorare?
Se guardo alle donne che mi circondano, in media oltre ad occuparsi della casa e dei figli (gratis), fanno almeno 1-2 “lavoretti“ fuori casa, come le pulizie, baby sitter, pet sitter, aiuto domestico, stiro, ecc. “Arrotondano”, si dice.
Spesso hanno lavori in regola part time come cameriere o impiegate e poi lavorano nel mondo dell’artigianato e dei lavori di cura, prestando servizio per altre donne che così possono “andare a lavorare“.
Alla fine si ritrovano che saltando di palo in frasca tra 1000 lavori durante la giorno, il carico mentale è molto più alto rispetto a quello dei maschi, che hanno una routine molto più regolare, e quando arrivano a casa si possono riposare.
Un altro episodio che mi ha fatto riflettere in questi giorni è questo: un fabbro è venuto ad aggiustare la serratura della mia porta, ed ha passato ore ed ore ad elogiare sua moglie, una “santa“ che pur lavorando come impiegata a tempo pieno, gli fa trovare la cena, si occupa della casa e dei figli, gli tiene pure la contabilità, il tutto, ovviamente, gratis.
E quando in famiglia c’è un animale, come un cane o un gatto? In genere chi è che se ne occupa? Di solito nel mio lavoro di cat sitter, parlo sempre con la “donna di casa”, che mi dice dove sono le cose del gatto. Solo una volta su più di 20 mi è capitato di parlare con un maschio.
Le donne, occupandosi del lavoro di cura, domestico e non retribuito, sono coloro che danno modo ai maschi di occuparsi del lavoro retribuito.
Nel frattempo che le donne puliscono casa, crescono i figli e badano agli anziani, i maschi hanno modo di fare carriera, guadagnare soldi e crescere il loro senso di essere utili per il mondo.
Ma quali sono i problemi di tutto ciò?
Il problema è che le donne non hanno l’indipendenza economica, e se succede qualcosa, sono dipendenti dai soldi dei compagni (penso a violenze domestiche o anche solo voler fare qualcosa per sé stesse e sentirsi in colpa).
Inoltre quando andranno in pensione saranno povere, a differenza del compagno che ha potuto versare i contributi.
Inoltre se cercano di cambiare la situazione si troveranno davanti le proteste del compagno, che non è disposto a cambiare il proprio stile di vita (e chi non vorrebbe una moglie a casa che si occupa di tutto e ti accoglie la sera col sorriso e il piatto di pasta pronto: la vorrei anch’io!).
Dulcis in fundu, lavorare per la propria indipendenza è faticoso, ma ci si guadagno in autostima, e le donne che barattano la propria indipendenza in cambio di un compagno che badi economicamente a loro finiscono con il ritenersi poco capaci di fare qualsiasi cosa.
Mi aggancio a tutto ciò con un commento al film Barbie, che ho visto ed ho amato molto. Ci sarebbero fiumi di parole da dire su Barbie, ma la newsletter diventerebbe troppo lunga, per cui aspetto i tuoi commenti, senza anticiparti i miei.
Barbie per la mia generazione di bambine è stata una rivoluzione: ci ha insegnato che non dovevamo per forza giocare a fare le mamme con un bambolotto in braccio, ma che potevamo essere quello che volevamo.
Ci vogliono solo mamme, accudenti, desiderose di fare le pulizie di casa, ma possiamo essere tutto ciò che vogliamo
(ma dobbiamo sgomitare per esserlo)
A Barbieland le donne fanno tutti i lavori, soprattutto quelli di potere, ed è molto divertente vedere i commenti stizziti dei maschi che criticano questa impostazione del mondo, quando è quello che succede nel mondo reale a parti invertite.
A tal proposito mi ha svoltato la giornata un post di Adrian Fartade su Facebook in cui rispondeva alle critiche dei maschi che stanno accusando le donne di voler essere ora come Barbie, e fino all’altro giorno di voler essere come Mercoledì, insomma di non avere una nostra personalità, questo è il tenore dei messaggi che circolano:
Questa la sua risposta, per leggerla tutta, clicca sull’immagine:
Mi accusano spesso, da quando sono esplicitamente femminista, di odiare i maschi, ma spesso mi chiedo: chi odia chi, visto che noi donne vogliamo solo essere libere?
E chiudo con un bellissimo podcast della serie Morgana, di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri, che è una di quelle sferzate di energia che mi consente di continuare la mia lotta: Ep. 45, Le madri della House
Anche sul concetto di “madre“ ci sarebbero da scrivere fiumi di parole, ma ascoltate questo podcast, immergetevi nella cultura delle ballroom (avete visto la serie Pose? Bhe guardatela) e quando arriverete alla parte in cui Tagliaferri dice questo, fatemi sapere se non vi è venuto da piangere come a me:
In genere i capifamiglia sono spesso Drag queen o donne transgender, ma ci sono anche casi in cui la guida è affidata a un padre che può essere un uomo gay.
Ciò che conta non è né il sesso biologico né l'identità di genere, ma il rapporto di appartenenza, perché la rigida divisione del binarismo dei sessi appartiene al mondo delle ballroom solo in forma di gioco e derisione.
Un esempio è la risposta di Pepper Labeija a chi le chiede se vuole sottoporsi a un intervento di riallineamento del sesso "Non ho mai voluto cambiare sesso, le donne vengono trattate male, vengono picchiate, derubate, perseguitate, avere una vagina non significa che avrei una vita favolosa. Le famiglia che nascono da Crystal Labeija sono basate sulla comunanza esperienziale sfidando due elementi tradizionali: - io vorrei che ascoltaste tutti molto bene- il legame sanguineo e la narrazione della maternità. Entrambi questi elementi che appartengoo alle convenzioni eteronormate del patriarcato sono la base per l'esclusione di una qualsiasi forma di genitorialità o famiglia per le persone queer."
E qui chiudo. So che sono argomenti forse nuovi per te, ma spero di averti dato qualche spunto che vorrai approfondire.
È importante il tuo feedback su questi argomenti per me, fammi sapere che cosa ne pensi commentando online qui su Substack!
Alla prossima Newsletter, ricordati che puoi abbonarti se vuoi, oppure farmi una donazione su Ko-fi.
Pose la serie e' stata illuminante e l'ho adorata, Barbie il film e' bello, entrambi toccano dei temi sui quali dovremmo tutti fare delle riflessioni ed aprire gli occhi...per avere più rispetto per noi stessi, noi stesse se penso alle donne.. ...tanta strada c'è ancora da fare, ma abbiamo iniziato il cammino!💪.. se posso citare mi e' piaciuta tanto anche la serie Michelle Buteau: survival of the thickest
Grandissimo commento. Sono d'accordo con te su tutto. Ci facciamo mettere da parte e non ci rendiamo conto che è sempre tutto sulle nostre spalle. E poi dobbiamo sopportare i loro commenti